Calendarizzazione degli sfratti, tutti d’accordo ma IV e Pd litigano: commissione riaggiornata

Turbolenta seduta della commissione del consiglio comunale politiche sociali

Firenze – Commissione 4, confronto sulla mozione presentata dal consigliere comunale di FdI Alessandro Draghi. Oggetto, la necessità di mettere in piedi al più presto un tavolo che comprenda tutti i soggetti coinvolti dalle procedure di sfratto, compreso l’ufficio degli ufficiali giudiziari, sindacati e associazioni, per giungere alla calendarizzazione degli sfratti.
Il motivo, è quello tante volte spiegato dalla segretaria regionale del Sunia Laura Grandi e non solo, vale a dire la necessità che sindacato, servizi comunali e associazioni abbiano il tempo di trovare soluzioni adeguate per le famiglie. Famiglie che, incalza Grandi che assiste alla commissione come ospite, insieme al dirigente della Direzione Casa Alessandro Licitra, stanno via via cambiando la provenienza sociale: da famiglie di fascia fragile, a famiglie della media borghesia, ovvero, la famosa fascia grigia che, come più volte testimoniato su queste pagine, stanno finendo nel tritacarne della città per ricchi (anzi, ricchissimi, dice Grandi) senza possibilità di entrare nelle graduatorie nè dell’Erp nè in quelle sociali dell’emergenza.

Una verità scomoda forse, ma la calendarizzazione è fondamentale per riuscire ad offrire soluzioni eque alle famiglie, che in quest’ultimo scorcio di 2023 -inizi 2024, sono sempre più famiglie espulse dalla città in seguito alla finita locazione del contratto, e al passaggio dalla rendita residenziale alla rendita turistica degli affitti brevi. In altre parole, sempre di più il problema che stanno affrontando i sindacati, ma anche gli uffici casa comunali, è quello di gente che potrebbe pagare canoni ragionevoli ma che, di fronte al non rinnovo del contratto, non trova più un’alternativa abitativa in città, ma non solo: neppure a Campi, neppure a Quarrata, neppure in zone in cui nessuno si aspetterebbe che il turismo arrivi. Del resto, è lo stesso esponente di FdI che, a seguito di alcuni confronti con altre città europee e italiane (Vienna, Bologna) , dice, chiaro e tondo, che se un terzo del reddito familiare viene bruciato dalle spese per l’abitare, il nucleo si trova in difficoltà sociale.

Non solo. A fronte del confronto fra i vari componenti della commissione, il dirigente dell’Ufficio casa dice che la graduatoria per l’emergenza casa è stata terminata. In altre parole, non c’è nessuno che attende casa nella lista dell’emergenza sociale. Buona notizia, ma ciò che emerge è tutt’altro, ovvero, che le maglie per giungere all’accesso della corsia dell’emergenza sono così strette che i nuovi bisogni e parte dei vecchi non riescono a essere rappresentati. In altre parole, come spiega Grandi, spesso le famiglie che si ritrovano nell’impossibilità di pagare il canone non rispettano del tutto la sospensione del pagamento della pigione perché, ad esempio, attingono a piccoli risparmi o all’aiuto di parenti, facendo saltare uno dei requisiti. Oppure, non hanno la possibilità di dimostrare la morosità incolpevole perché per esempio, lavorano con buste paga vere solo in parte (il resto fuori busta) o lavoro al nero.
Casi complessi, che spesso rendono impossibile l’accesso alla categoria dell’emergenza, mentre d’altro canto, l’Isee per accedere all’edilizia popolare è troppo basso anche quando si tratta di conteggiare i classici stipendi da fame. Insomma, sono emerse dal confronto varie e complesse problematiche, inevitabili quando si riflette sul problema casa, che sono state riassunte dallo stesso Licitra quando ha ricordato, di fronte all’ovvia obiezione che oltre alla calendarizzazione servono nuovi alloggi anche di edilizia popolare (almeno duemila, ha detto Grandi) che la complessità dei bisogni delle famiglie non può essere ridotto alla sola necessità dell’Erp, ma servono strumenti differenziati, fra cui la cosiddetta Ers, ovvero l’edilizia sociale. Fra le “rivelazioni ” della mattinata, anche il fatto che i richiedenti il contributo affitto, che come è noto è un fondo che aiutava le famiglie a pagare l’affitto senza entrare in morosità, è stato spazzato via dal nuovo governi Meloni: le richieste sono 3900, lo stanziamento del Comune pari a tre milioni.

Al di là delle varie riflessioni che sono state poste all’attenzione della commissione, la questione della calendarizzazione degli sfratti per dare il tempo di risolvere in modo preventivo la tragedia dell’abitare, rimane tuttavia centrale. Del resto, essendo al primo punto della mozione Draghi proprio la necessità di avviare il tavolo per gli sfratti, da parte della presidente della commissione 4, la consigliera Mimma dardano, la proposta era di chiudere la riunione con la proposta di alcuni emendamenti su cui votare. Uno degli emendamenti proposti era quello di cassare del tutto il primo punto, in quanto (la mozione risaliva al maggio 2023) nel frattempo era intervenuta l’assessora alla casa Benedetta Albanese, che, in un comunicato del 16 dicembre scorso, aveva annunciato la partenza, entro la fine di gennaio dei tavoli operativi, con la presenza dei sindacati di inquilini e proprietari, invitati gli ufficiali giudiziari. Un buon passo di partenza per giungere a tavoli operativi capaci di produrre la calendarizzazione. La cornice politica di riferimento resta la Commissione territoriale per il contrasto del disagio abitativo, costituito a norma di legge nel dicembre 2020, la cui convocazione è prevista a breve. Fra gli emendamenti proposti, la convocazione del tavolo di moderazione degli sfratti a cadenza trimestrale invece che bisettimanale come richiesto da Draghi, e affrontare in modo sistematico il nodo dell’emergenza abitativa.

Sembrava dunque tutto veleggiare, anche per la disponibilità del consigliere Draghi verso gli emendamenti, verso una votazione sulla mozione con relativa approvazione. Invece, con un’accensione improvvisa della tensione fra gli esponenti di IV e Pd, la seduta è stata riaggiornata.

Protagonisti dell’acceso confronto, la presidente della commissione politiche sociali Mimma Dardano (IV) e il capogruppo del Pd Nicola Armentano. Il capogruppo del Pd in Palazzo Vecchio, ponendosi a difesa del lavoro della giunta, ha infatti insistito sulla necessità di sottolineare “quanto questa amministrazione si è impegnata sul tema”. Ma dal momento che in quel momento la discussione verteva sui due punti della mozione, la presidente Dardano ha bacchettato il Dem: “Sta parlando di altro da cinque minuti – ha detto – mi dica quali sono gli emendamenti che vuole fare altrimenti le stacco il microfono. Dopo quattro anni e mezzo, non c’è bisogno che mi dica quando può andare in commissione. Su questo dobbiamo essere chiari. Venire qui a fare il maestrino non ha senso. Sta facendo la sintesi della sintesi”. “Utilizzi un modo meno impositivo. Deve avere rispetto. Chiedo di inserire la dicitura ‘dare continuità alle azioni dell’amministrazione’. Era la proposta che volevo fare”, ribatte Armentano. Così, fra tempo di commissione terminato e battibecco, invece della votazione si è optato per il riaggiornamento della commissione al prossimo mercoledì.

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