Firenze – Pubblichiamo un’ampia parte della relazione che il Presidente della Corte d’Appello di Firenze Margherita Cassano ha tenuto in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario il 26 gennaio 2019.
“….I Magistrati togati ed onorari del distretto, con encomiabile generosità e disponibilità intellettuale di cui li ringrazio, hanno compiuto uno sforzo eccezionale per fornire risposte il più possibile celeri alle aspettative dei cittadini nella consapevolezza della centralità del tempo nella vita delle persone e delle strette interrelazioni fra tempestività dell’azione giudiziaria ed economia di un Paese. Significativi, in tale senso, sono gli indici di ricambio e di smaltimento degli affari da parte dei singoli Tribunali che hanno registrato punte massime di miglioramento rispettivamente del 33,5% e del 28,5%.
Analogo sforzo eccezionale è stato compiuto dai Consiglieri della Corte sia nel settore civile che in quello penale con risultati significativi. Gli indici di ricambio registrano una variazione relativa in positivo del 12,8% per il settore civile e del 20,8% per il settore penale e gli indici di smaltimento un miglioramento percentuale del 10,7% per l’ambito civile e del 10,1% per quello penale.
Le sentenze complessivamente depositate dai Consiglieri civili (19 compresi i Presidenti di Sezione) della Corte sono passate da 5673 del periodo precedente a 6.081 del periodo in esame con un aumento percentuale del 7,2%. Quelle depositate dai Consiglieri penali della Corte (24 compresi i Presidenti di Sezione) sono passate da 5179 del periodo precedente a 6182 del periodo in esame con un aumento percentuale del 19,4%.
Ho voluto citare questi dati, apparentemente aridi, per dare il senso della tensione ideale che in questo distretto anima la Magistratura, consapevole dei suoi doveri istituzionali…..
L’impegno dei magistrati
Il senso del lavoro giudiziario risiede non tanto nella quantità dei provvedimenti emessi, ma nella loro qualità. La motivazione dei provvedimenti giudiziali è l’espressione del principio costituzionale di soggezione del giudice soltanto alla legge e del controllo di legalità affidato alla Corte di Cassazione in coerenza con la generale ricorribilità in cassazione per violazione di legge…
Con questo spirito, è stata promossa in questo distretto, d’intesa con la struttura territoriale della Scuola della Magistratura e con tutti gli Uffici giudiziari, un’esperienza per ora unica a livello nazionale: il laboratorio sulla motivazione dei provvedimenti di primo grado (e, parallelamente, sulle tecniche di redazione dei capi d’imputazione, vera e propria “pietra angolare” del processo penale) per rendere sempre più chiari e leggibili sotto tutti i punti di vista, compreso quello linguistico, i provvedimenti anche da parte di non addetti ai lavori….
Nell’ambito di una proficua e stimolante collaborazione con il Dipartimento di scienze giuridiche dell’Università degli studi di Firenze è stata avviata una riflessione organica sia in primo che in secondo grado sulle potenzialità della mediazione quale strumento di composizione alternativa dei conflitti che ha portato alla sottoscrizione di due Protocolli che rappresentano anch’essi un unicum nel panorama nazionale e che stanno determinando una profonda metamorfosi culturale nell’utenza che, grazie anche all’opera intelligente e attenta dell’Avvocatura, pone fine al conflitto e recupera il rapporto umano con la controparte.
In primo grado, nel primo semestre di applicazione del Protocollo, su un totale di 2455 fascicoli (50,8% del totale) segnalati dai borsisti come potenzialmente mediabili, i giudici ne hanno inviati in mediazione 1522, pari al 61,99%.
Sono da segnalare due dati ulteriori: la percentuale di accordi conclusi all’esito delle attività di mediazione nel settore bancario è pari al 28,6%, di gran lunga superiore alla media nazionale che si attesta intorno al 15%. Per le controversie in materia contrattuale sono stati conclusi ben 118 accordi a fronte di 222 mediazioni avviate (con una percentuale del 53%)…
Il settore penale
A fronte dell’esigenza di una rinnovata razionalità, la storia repubblicana del nostro diritto penale si connota come storia delle emergenze, intese o come emersione di nuovi fenomeni criminosi dovuti ai mutamenti delle condizioni di vita oppure come fenomeni non totalmente nuovi, ma connotati da virulenza e diffusività prima sconosciute.
Ciò ha inciso sulla fisionomia del sistema penale rivelandone l’insufficienza e ha comportato una serie di conseguenze negative:
– l’imperfezione nella formulazione delle norme a scapito del principio di determinatezza;
– l’anticipazione della soglia punibilità alla fase dei meri atti preparatori o a comportamenti prodromici dell’offesa del bene giuridico protetto a scapito dell’obiettività del fatto (gli esempi più significativi si colgono nel settore dei reati di terrorismo e d’immigrazione);
– il carattere simbolico delle nuove norme per lanciare al popolo messaggi rassicuranti a fronte di sentimenti di paura diffusa (più o meno fondata, più o meno reale o amplificata dai mass media);
– la polverizzazione del sistema con creazione di tanti comparti, ciascuno dotato di sue norme di corredo che introducono elementi di specialità e eccezionalità (sanzioni, circostanze, momento consumativo, prescrizione, esclusione da cause di non punibilità, disciplina processuale, benefici penitenziari).
Tali fattori producono conseguenze fortemente contraddittorie.
Per un verso determinano:
– il progressivo ampliamento della sfera della repressione penale a scapito delle altre forme di intervento che, in una moderna democrazia, devono precedere l’intervento giudiziario;
– l’astratta previsione di sanzioni, soprattutto detentive, sempre più alte;
– il rischio di sovraffollamento carcerario per il quale l’Italia è stata condannata dalla Corte di Strasburgo.
Per altro verso provocano:
– il ricorso sempre più frequente da parte del legislatore a strumenti sostanziali e processuali che evitano l’esecuzione stessa della pena (v. continua creazione di nuovi strumenti di non punibilità; sospensione del processo con messa alla prova; condotte riparatorie sotto le mentite spoglie dell’esigenza rieducativa, ma in realtà nel tentativo di decongestionare il nostro sistema giudiziario e penitenziario; sospensione condizionale della penale; riduzione della pena per effetto dei c.d. riti alternativi) o ne evitano l’espiazione in carcere;
– l’innalzamento dei tetti di pena che consentono la sospensione dell’esecuzione in carcere e l’applicazione di misure alternative anche quando costituiscono il residuo di una pena maggiore di per sé ostativa.
La dilatazione progressiva del sistema penale in funzione meramente simbolica, l’oggettiva impossibilità di gestirlo con le complesse regole processuali stante il rovesciamento della prospettiva originaria (dibattimento riservato ai reati più gravi, riti premiali per i c.d. reati minori), l’ineffettività della pena stanno portando ad una forte torsione verso il sistema delle misure di prevenzione con confusione incoerente tra strumenti e obiettivi, assai pericolosa per la tenuta dei principi e delle garanzie….
La prescrizione
Contrariamente ad un’opinione diffusa, la percentuale più alta di prescrizioni matura nella fase delle indagini preliminari. Ciò non dipende dallo scarso impegno dei Magistrati requirenti e giudicanti addetti a tale fase, ma dalla mancata razionale riforma, a distanza di circa novanta anni dalla sua entrata in vigore, del codice penale e dalla mancata revisione delle leggi speciali per adeguare le previsioni di reato alla mutata sensibilità sociale e contenere il numero dei reati, direttamente incidente sulla tenuta complessiva del sistema.
L’attuale proliferazione normativa si riflette negativamente sul corretto svolgimento del processo penale, sui suoi tempi, è oggettivamente incompatibile con le forze disponibili e rischia di attribuire improprie funzioni selettive, al di fuori delle ipotesi di priorità espressamente regolate dalla legge, all’Autorità giudiziaria, dotata, nel nostro sistema, esclusivamente di una legittimazione tecnico-professionale.
Nella fase del giudizio, sulla maturazione dei termini di prescrizione incide in maniera determinante la cronica e patologica mancanza del personale amministrativo che con le sue esigue forze non è in grado di assicurare il tempestivo svolgimento degli adempimenti, in particolare di quelli necessari dopo la pronuncia della sentenza di primo e di secondo grado ai fini della attestazione di irrevocabilità. La pena rischia, quindi, di venire espiata a distanza di molti anni dalla commissione del reato con conseguente vanificazione delle finalità retributive e di prevenzione generale e speciale, delle aspettative delle vittime dei reati, delle prospettive di reinserimento dei condannati, demotiva le Forze dell’Ordine impegnate nel contrasto della criminalità.
In tale contesto, la recente riforma che sospende il termine della prescrizione dopo la sentenza di primo grado può produrre effetti opposti rispetto a quelli perseguiti. Può, infatti, indurre una minore attenzione dei pubblici ministeri in ordine ai presupposti per il rinvio a giudizio, provocare la conseguente saturazione dei Tribunali con processi non adeguatamente istruiti, un allungamento dei tempi di definizione in primo grado, determinare un minore impegno dei magistrati nella celere definizione dei processi in appello e in Cassazione.
E’ legittimo chiedersi se la paventata, ma inevitabile dilatazione dei tempi conseguenti alla sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado possa conciliarsi con la ragionevole durata sancita dall’art. 111 Cost., con un giusto processo incentrato sul metodo dialettico nella formazione della prova, con la effettività di un diritto di difesa destinato ad esplicarsi a distanza di molti anni dal fatto.
L’esperienza comparata ci insegna che nella maggior parte degli Ordinamenti stranieri cui è estraneo l’istituto della prescrizione del reato esiste, però, la prescrizione del processo che impone la celebrazione dei giudizi nelle varie fasi entro tempi predeterminati a seconda della diversa gravità dei reati.
Le principali tipologie di reato
L’analisi qualitativa dei reati oggetto dei procedimenti sopravvenuti presso questa Corte nel periodo in esame a seguito d’impugnazione proposta dalle parti avverso la decisione di primo grado evidenzia che in appello sono aumentati i processi per i seguenti reati:
riduzioni in schiavitù e tratta di esseri umani: + 6%;
reati contro la vita e l’incolumità individuale: +10,2%;
usura: + 40 %;
furti in abitazione: + 34,62%;
delitti in materia di stupefacenti: + 10,6%;
delitti contro la famiglia: + 11,3%;
inosservanza degli obblighi familiari: + 27,8%;
stalking: + 17%;
delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione: + 22,6%;
omicidi colposi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale: + 25%;
lesioni colpose gravi e gravissime. +51,28%; nell’ambito di tale categoria i processi relativi a reati per violazione delle norme antifortunistiche sono aumentati del 58,14%;
reati fallimentari: + 25,2%;
delitti di incendio: + 52%;
reati informatici: + 4,55%;
Le percentuali dei reati oggetto della cognizione percentualmente più alta da parte del giudice d’appello nel periodo in esame rispetto al precedente appaiono coerenti con i dati relativi alle sopravvenienze del distretto riferite sia ai procedimenti a carico di persone note che di ignoti riguardanti il medesimo lasso temporale.
Desidero riservare particolare attenzione ai delitti contro la famiglia, ai delitti di maltrattamento, di lesioni volontarie, di violenza privata, di stalking. Si tratta, infatti, di reati spesso strettamente connessi fra loro in una progressione criminosa destinata talora a sfociare in vere e proprie sistematiche vessazioni e, in casi estremi, in omicidi volontari.
In oltre il 90% dei casi gli autori dei reati di maltrattamento sono mariti, conviventi, partner.
Anche il reato di stalking vede, in circa due terzi dei casi, le donne quali parti offese del delitto.
Se le parti offese sono prevalentemente donne, gli autori sono, invece, per lo più uomini, in larga parte italiani.
Come risulta dal decimo rapporto sulla violenza di genere in Toscana curato dalla Regione e dall’Osservatorio sociale regionale, dal luglio 2009 al 30 giugno 2018 si sono rivolte ai centri antiviolenza della Toscana 22.437 donne, con una media di sei casi al giorno. In un anno sono stati 3.381 i casi di violenza denunciati.
E’ aumentato il numero delle giovani donne di età compresa tra i 18 e i 29 anni che si sono rivolte ai centri antiviolenza, così come pure il numero dei casi di violenza su bambini e adolescenti (nel 2017 2.770 bambini e ragazzi sono stati vittime di maltrattamenti in famiglia come si desume dal rapporto sulla violenza di genere in Toscana).
Questi dati possono essere ricondotti ad una maggiore consapevolezza delle parti offese in ordine alle dinamiche della violenza di genere e ai propri diritti. L’emersione tempestiva del vissuto di violenza e di richiesta di aiuto è un dato sicuramente positivo che conferma l’importanza delle attività qualificate di formazione e sensibilizzazione sulla violenza di genere, nonché della presenza sul territorio dei centri preposti all’ascolto e all’aiuto….
Il progetto degli sportelli di prossimità
Solidarietà significa, anche, consapevolezza delle proficue interazioni derivanti dalla collaborazione con le realtà istituzionali presenti sul territorio, pur se nel rispetto dei diversi ruoli a ciascuna attribuite.
In questa prospettiva desidero segnalare l’innovativa esperienza degli sportelli di prossimità, oggetto di un progetto finanziato dall’Unione europea cui, a seguito di designazione del Ministero della giustizia, collaborano i Distretti delle Corti d’Appello di Firenze, Genova, Torino, sostenute concretamente dai rispettivi Enti locali. Desidero, in questa sede, ringraziare, ancora una volta, la Regione Toscana non solo dell’aiuto che è stato offerto, ma di come è stato offerto, considerando la tensione ideale e lo slancio innovativo sempre dimostrati. Voglio anche ringraziare i Sindaci della Città metropolitana di Firenze e di Empoli, luoghi in cui il progetto è già una realtà, e i Sindaci dei Comuni Abbadia San Salvatore, Montevarchi, Unione Montana dei Comuni della Valtiberina Toscana, Piombino, Unione dei Comuni Montani del Casentino, Empoli, Volterra, Montepulciano, Pontedera, Capannori, San Miniato, San Giovanni Valdarno, Poggibonsi che con tanto entusiasmo e lodevole senso civico hanno dichiarato la loro disponibilità a collaborare all’ulteriore sviluppo dell’iniziativa.
Il progetto, che si ispira a quello già da tempo avviato nel circondario di Siena, prevede la creazione di punti decentrati di contatto e di accesso al sistema giudiziario per ovviare alla difficoltà logistiche derivanti dall’accorpamento degli uffici giudiziari con conseguente disagio soprattutto per le persone più anziane o diversamente abili che hanno oggettive maggiori difficoltà di locomozione. In una prima fase il progetto intende concentrarsi sulla volontaria giurisdizione che ha assunto una rilevanza maggiore rispetto al passato a seguito delle riforme legislative in materia di famiglia, del progressivo invecchiamento della popolazione con conseguente incremento delle istanze per la nomina di amministratori di sostegno e per la gestione dei patrimoni, dell’inasprirsi della crisi economica, dell’aumento delle istanze di tutela per i minori stranieri.
Gli sportelli di prossimità permettono ai cittadini di disporre di un servizio completo di orientamento grazie al generoso impegno dell’Avvocatura toscana, e di trasmettere atti e documenti relativi alle procedure giudiziarie mediante le strutture informatiche curate dalla Regione….
Il Protocollo per il trattamento delle persone affette da patologie psichiche autrici di reato
Sempre nell’ottica di rendere più celere e incisiva l’azione giudiziaria in ambiti interessati da riforme legislative la Corte d’Appello, d’intesa con la Procura generale, il Tribunale di sorveglianza, l’Assessorato Regionale alla sanità, l’UEPE, hanno sottoscritto un Protocollo per dare concreta attuazione al D.L. 52/2014 che ha disposto la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari a far data dal 31.3.2015. Il Protocollo si propone di assicurare, in un settore che spesso sottintende anche un’amara solitudine ambientale e familiare, il più efficace trattamento dell’infermo di mente autore di reato, stabilendo tutte necessarie forme di coordinamento tra Autorità giudiziaria e Dipartimenti di salute mentale al fine di individuare, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, il programma terapeutico più adeguato al caso singolo e di scegliere le misure idonee a contemperare le esigenze di cura con quelle di contenimento della pericolosità….
Procedure di protezione internazionale
Nel settore delle procedure di protezione internazionale si registra un rilevante arretrato ascrivibile alla esiguità delle risorse umane rispetto al numero degli affari. Tale arretrato preoccupa, perché incide sui diritti fondamentali delle persone e sulle loro legittime aspettative di vita.
Basti pensare che l’arretrato della Commissione territoriale di Firenze e delle altre Sezioni distaccate ammonta complessivamente a 8.400 pratiche, nonostante che la sola Commissione territoriale di Firenze valuti ogni mese mediamente ben 240 domande.
Dinanzi alla Sezione specializzata del Tribunale di Firenze, costituita nell’agosto 2017, risultavano pendenti, alla data del 12 settembre 2018, complessivi 5577 procedimenti, pur in presenza di un forte impegno lavorativo dei giudici che dal 17 agosto 2017 al 12 settembre 2018 hanno definito 1768 procedure.
Dopo la recente riforma legislativa (d.l. 13/2017) devono essere segnalati in particolare due fattori di rallentamento nella trattazione delle procedure.
Le Commissioni territoriali non effettuano le videoconferenze previste dalla legge come documento del colloquio avvenuto a causa dell’indisponibilità delle relative apparecchiature che, all’esito delle gare, devono essere fornite dal Ministero dell’Interno; a ciò consegue l’obbligatorietà di replica dell’esame da parte del Tribunale competente a decidere i reclami avverso le decisioni delle Commissioni territoriali, atteso che l’audizione è il principale strumento di prova nel giudizio di protezione internazionale caratterizzato dall’attenuazione dell’onere della prova e dal potere-dovere di cooperazione istruttoria del decidente.
Inoltre, le Commissioni territoriali si trovano nell’impossibilità di trasmettere gli atti al Tribunale con le modalità previste dalla legge a causa dalle mancata adozione, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della disciplina (18 febbraio 2017), del decreto direttoriale d’intesa fra Ministero della Giustizia e Ministero dell’Interno.
Al fine di razionalizzare i tempi e le modalità del lavoro e di adeguarsi alla normativa nazionale e internazionale i Magistrati della Sezione, d’intesa anche con l’Avvocatura, hanno redatto linee guida per il giusto processo in tema di protezione internazionale che recepiscono quelle elaborate dall’EASO (European Asylum Support) e dall’UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees)….
Giustizia minorile
Nel settore della giustizia minorile devono essere segnalati, in particolare, i seguenti aspetti:
–il significativo calo delle domande di disponibilità all’adozione internazionale riconducibili ai costi elevati delle procedure a fronte della perdurante crisi economica e all’applicazione del principio di sussidiarietà che ha incrementato le adozioni nazionali nei rispettivi Paesi di origine;
-la positiva esperienza dei collocamenti provvisori in famiglie scelte dal Tribunale per i minorenni a scopo adottivo che hanno consentito a bambini anche piccoli e piccolissimi di trovare immediatamente un contesto famigliare accogliente, di scongiurare l’istituzionalizzazione, di conseguire la stabilità necessaria a una corretta crescita, evitando altresì i traumi da separazione;
–il forte sostegno dei servizi sociali toscani, d’intesa con il Tribunale per i minorenni, alla famiglia naturale in vista della conservazione delle relazioni familiari;
–nel settore penale il carattere particolarmente insidioso delle manifestazioni di c.d. “bullismo” e “cyber-bullismo” (epifenomeno quest’ultimo che trova quasi sempre premessa in relazioni scolastiche) che vedono come parti offese minori ritenuti particolarmente vulnerabili e, per questo, discriminati, vessati, isolati e messi in ridicolo da gruppi di ragazzi che si coalizzano con l’obiettivo di distruggere psicologicamente un loro coetaneo. Queste condotte sono riconducibili ad una pluralità di fattori e richiedono interventi non solo di tipo giudiziario ma, prima ancora, di tipo educativo e formativo cui devono partecipare anche le famiglie, oltre alla scuola….
Situazione carceraria
Con riferimento al settore penitenziario la riflessione può essere sintetizzata nella seguente affermazione: la privazione della libertà personale di un individuo non può mai tradursi in privazione della sua dignità.
Purtroppo, invece, dobbiamo nuovamente registrare:
il sovraffollamento carcerario ascrivibile al fatto che la sanzione penale costituisce l’unica, impropria risposta a fenomeni di marginalità e devianza sociale che richiederebbero altri tipi d’intervento;
condizioni degradate delle strutture penitenziarie: penso in particolare: a) alla situazione del carcere di Sollicciano in cui la caduta di strutture di cemento ha comportato la forzata chiusura delle aree esterne destinate ai passeggi dei detenuti con gravi ripercussioni sul loro stato psico-fisico e vibrate manifestazioni di protesta; b) alla sezione femminile del carcere di Pisa in cui esistono tuttora bagni a vista che ledono la dignità delle donne ristrette; c) al carcere di San Gimignano, dove tuttora manca il collegamento alla rete idrica e le relative risorse vengono attinte da pozzi;
tre episodi di suicidio presso le Case circondariali di Pisa, Livorno e Sollicciano;
91 tentati suicidi con punte di 28 presso il Complesso penitenziario di Firenze Sollicciano, di 22 nel carcere di Pisa, di 5 a Livorno, Porto Azzurro e San Gimignano;
916 atti di autolesionismo nella maggior parte presso gli istituti di Pisa e Prato;
243 atti di aggressione e 70 ferimenti;
Sono dati che non possono essere ignorati da uno Stato che voglia definirsi Stato di diritto e che, all’esito di un’attenta analisi, richiedono risposte tempestive ed organiche, in quanto esprimono il grave disagio della popolazione detenuta, la cui composizione è sempre più variegata e impone interventi differenziati.
Al contempo dobbiamo segnalare le difficoltà in cui opera il corpo di Polizia penitenziaria i cui organici, soprattutto in alcune realtà come il carcere di Prato, sono sottodimensionati rispetto alla necessità di assicurare i servizi, compresi quelli di traduzione dei detenuti che presentano criticità.
In un quadro così problematico è doveroso ricordare tre eccellenze del territorio toscano:
– l’esperienza ben nota del Teatro carcere di Volterra;
– il carcere “aperto” della casa-isola Gorgona in cui si registrano ottimi risultati sotto il profilo rieducativo e del reinserimento sociale dei detenuti impegnati in attività di tipo agricolo e zootecnico;
– l’istituzione, nel maggio 2018, presso il carcere di Sollicciano del “Consiglio dei detenuti”, forza di rappresentanza elettiva e democraticamente designata da gruppi di detenuti nelle sezioni, secondo un progetto innovativo e pressoché unico nel panorama italiano, volto alla responsabilizzazione della popolazione detenuta e dall’alta valenza rieducativa.