Firenze – “A breve termine, coronavirus permettendo, è in progetto un Convegno internazionale che avrà luogo a Firenze per il settimo centenario della morte di Dante, aperto alla città e ai più giovani ma di profilo scientifico grazie alla qualità degli studiosi che interverranno”.
Claudia Di Fonzo, studiosa di Letteratura medievale e di Filologia dantesca, presenta il convegno che sta organizzando per il prossimo anno a Firenze. Un progetto ancora in embrione, per le ovvie difficoltà attuali, ma a cui hanno già aderito noti esperti e studiosi. Docente di “Diritto e letteratura” all’Università di Trento e dantista per formazione, Claudia Di Fonzo si inserisce, con il suo convegno, in un contesto di ricerca specifico su “Dante e l’Allegoria”.
Dottoressa Di Fonzo, quando è iniziata la sua ricerca?
“Per rispondere a questa domanda dovrei partire da lontano. In breve partirò dal Palagio dell’Arte della Lana dove oggi ha sede la Società Dantesca Italiana. La sala delle conferenze di quel palazzo è dedicata a Francesco Mazzoni che fu presidente della Società Dantesca e il titolare della prima cattedra di Filologia dantesca, a Firenze. La mia formazione, prevalentemente filologica e dantesca, risale agli anni in cui Mazzoni insegnava presso la Facoltà di Lettere e filosofia.
Quelli furono anni bellissimi e tremendi. Furono gli anni in cui mi occupai di seguire le tracce di una profetessa di nome Veleda, appartenente alla popolazione dei Bructeri, la quale, fatta prigioniera fu portata in Italia al seguito delle truppe romane e morì ad Ardea, come ci raccontano le fonti antiche e l’iscrizione studiata dalla celebre Margherita Guarducci. Furono gli anni in cui, ventiseienne, cominciai ad occuparmi di Pio Rajna e delle sue “paginette autografe” conservate in Biblioteca Marucelliana. Fu davvero come essere parte di un giallo, anzi come essere la signora, all’epoca la “signorina” – non nascondo l’ironia -, in giallo”.
Ci spieghi meglio…
“Alla Marucelliana trovai un carteggio, inedito, che si riferiva direttamente a quelle paginette che avevano per oggetto La Materia e la Forma della Divina Commedia. Si trattava del ciclo di lezioni che Pio Rajna, ventiseienne, e fondatore della Filologia romanza in Italia, tenne presso l’Accademia Scientifico Letteraria di Milano nell’anno accademico 1873-74. Le paginette analizzano le discese agli inferi della classicità come pure le visioni monastiche dell’epoca medievale fino ad arrivare a Rutebeuf individuando i motivi vaganti e i modelli culturali circolanti nell’Europa medievale. Quelle paginette pionieristiche restarono in forma di appunti finché io ne feci una edizione criticamente condotta (Firenze, Le Lettere, 1998). Un atto di giustizia per il giovane Pio Rajna e per la sua ricerca che precedeva quella del suo maestro Alessandro D’Ancona sui “Precursori di Dante”. Da allora Pio Rajna, “l’uomo che fece il nido nelle più antiche saghe”, così lo definisce Montale, è diventato il mio spirito guida e una sua foto campeggia accanto a quelle dei mie familiari. – nella vita serve sempre un po’ d’ironia – “.
E poi cosa avvenne?
“Poi ci fu l’esperienza del dottorato e della “ricerca di scuola”. Alla scuola del Mazzoni tutti si occupavano di manoscritti, di ecdotica del testo e di commenti antichi alla Commedia e io chiesi di occuparmi della Ultima forma dell’Ottimo commento (stampato a Ravenna, Longo, 2008). Un commento del quale si era occupato per ultimo, quaranta anni prima, Giuseppe Vandelli, un nome importante per la Filologia dantesca.
Poi fu la volta del “Cenacolo”, così lo chiamavamo tra adepti, cioè del Centro di eccellenza di Palazzo Strozzi, oggi diventato succursale della Scuola Normale. Fu allora che conobbi storici del diritto del calibro di Diego Quaglioni. Il mio progetto di ricerca era su “Dante e il diritto”. Da quel momento, e soprattutto da quell’incontro, è cominciata per me una nuova avventura. Da dieci anni, infatti, insegno una disciplina giovane che si chiama Diritto e Letteratura istituita presso la Facoltà degli Studi di Trento proprio da Diego Quaglioni nel periodo in cui egli era preside della Facoltà. Quaglioni è lo studioso che si occupato della Monarchia di Dante per i Meridiani Mondadori e che ha fornito un testo e un commento al testo che hanno segnato una svolta e un nuovo punto di arrivo per gli studi danteschi. Non nascono nuove discipline se non attraverso le ricerche e gli studi delle persone che le promuovono”.
Tra le sue pubblicazioni c’è “Dante e la tradizione giuridica”…
“Dante nella Commedia ci racconta il suo e il nostro «trasumanare» cioè andare oltre la natura umana ma soprattutto ci racconta la natura dell’uomo e l’urgenza di giudicare se stesso e il mondo in vista dell’agire etico.
Dante è giudice di sé stesso e delle cose del mondo. Il libro illustra inoltre il ruolo cerniera che Cicerone svolse nell’opera di Dante e nella tradizione retorico-giuridica romanza. Sullo sfondo della ricerca c’è il sapere giuridico e filosofico. La “Commedia” dunque è una visione, un poema epico romanzo, ma è anche un processo al mondo e alla sua storia. Il “Convivio”, opera preparatoria della Commedia e mai completata, è una richiesta di giusto giudizio indirizzata ai concittadini della “città partita” che hanno sbandito Dante con l’accusa infamante di baratteria. La Monarchia è un trattato di diritto pubblico che ha come sommo ideale la pace.
Per vivere in questa terra consapevolmente il pellegrino Dante ha bisogno di contemplare dall’alto il mondo e le sue leggi, l’aiuola che ci fa tanto feroci”.
Sull’opera dantesca ha fatto delle scoperte…
“Chi cerca trova”, dice un proverbio. Il carteggio di Rajna – D’Ancona fu la prima scoperta. Poi ci furono piccole scoperte: una recensione sulle Origini dell’epopea francese che Veselowski fece a Rajna su una rivista russa e che restò sconosciuta in Italia ma che forse cambiò il rapporto tra i due studiosi; un piccolo lacerto cartaceo autografo nel quale Rajna aveva compilato l’elenco dei corsi tenuti all’Accademia scientifico-letteraria di Milano, rinvenuto, tra una marea di carte non catalogate, nel Fondo Vandelli, e che seppur minimo fu utilissimo a completare il mosaico relativo alla nascita della scuola storica in Italia del quale mancavano alcune piccole tessere. Più emozionante è stato scoprire che il manoscritto Additional 6891 della National Library che contiene il testo della Monarchia è un rescritto. Queste sono scoperte di carattere materiale e paleografico, poi ci sono quelle di carattere filologico più difficili da spiegare in due parole ma che considero le più importanti”.
Quali sono le sue ricerche attuali?
“Mi sono sempre occupata di inediti o rari. Recentemente, in collaborazione con il filologo romanzo Francesco Zambon, mi sono occupata di commentare una gemma quasi sconosciuta della letteratura mistica occitana del medioevo. Si tratta di un trattatello composto tra la fine del XIII e i primi anni del XIV secolo nel Languedoc centro-occidentale da un autore sconosciuto, testo del quale esisteva una sola traduzione italiana molto scorretta che apparteneva all’ambiente degli Spirituali francescani. Il breve trattato è costruito sullo schema di una scala formata da cinque gradini che conduce al Palazzo d’Amore. È stata una splendida esperienza umana e culturale. è stato emozionante riprendere e approfondire questioni che avevo inseguito agli esordi della mia esperienza di studiosa. All’immagine della scala nella Commedia dedicai il mio primo contributo dantesco nella rivista fiorentina di «Studi Danteschi» nel 1996”.
Foto: Claudia Di Fonzo