Dopo l’esperienza del 2009, anche quest’anno la Lega Calcio ha deciso di far disputare la Supercoppa Italiana fuori dai confini nazionali. E come due anni fa, la gara tra le vincitrici di scudetto e Coppa Italia si giocherà nella lontana Pechino, nell’ormai famoso impianto conosciuto come “Nido d’Uccello”. Un evento senza dubbio affascinante e dal successo assicurato vista la grande popolarità di cui godono le nostre squadre (ed in generale i club europei più blasonati) nella terra di Mao Tse Tung.
Un’opportunità irripetibile per gli organizzatori e per il pubblico asiatico, quella di vedere da vicino uno dei più belli e sentiti derby del mondo. Purtroppo, però, molti sono i punti poco convincenti di questa scelta: innanzitutto la data della sfida, il 6 agosto, è forse quasi un suicidio per lo spettacolo. Entrambi i club, difatti, saranno probabilmente privi dei loro “sudamericani”, impegnati nella Copa America che si sta disputando in Argentina e che si protrarrà (salvo karakiri argentini o brasiliani) fino al 24 luglio, data della finale a Buenos Aires. Non solo.
In generale, le due formazioni avranno nelle gambe una preparazione di appena una ventina di giorni, scordatevi quindi ritmi scoppiettanti e accelerazioni fulminee. Non a caso, per questi motivi, voci di un possibile slittamento della partita al 21 luglio a San Siro si sono susseguite fino a qualche tempo fa, stroncate poi dalla successiva riconferma della prima data da parte della Lega e del suo presidente Beretta, fautore dell’accordo con la Federcalcio cinese.
Si sa, per questi appuntamenti il giro di soldi tra diritti tv e sponsor è talmente grande che è difficile rinunciarvi. Entrambi i club percepiranno circa un milione e 300 mila euro solo per la partecipazione. Sì, è il dio denaro la motivazione reale di questo accordo, come da diversi anni a questa parte. Vi aspettavate altro? Come ormai è noto a tutti, il calcio è divenuto un prodotto commerciale sul quale tutti vogliono mettere le mani. La Cina ha scommesso molto sul nostro campionato: la tv di stato nazionale, la CCTV, trasmette da più di trent’anni le partite della massima serie italiana e la finale di due anni fa è stato l’evento sportivo più visto dal pubblico cinese. D’altro canto, la nostra federazione è da sempre alla ricerca di nuovi mercati su cui vendere, appunto, il proprio prodotto e la Cina è quella che ha risposto meglio e subito alle nostre esigenze. Diritti, commercio, mercati e lo sport dove sta? Di sportivo, in tutto questo, c’è ben poco. Anche perché tutto questo meccanismo ci sta pian piano togliendo anche quel poco di nazionalismo (calcistico) che è presente ancora in tutti noi.
C’è da chiedersi perché, tra i maggiori campionati europei, siamo gli unici che disputiamo una competizione nazionale all’estero. Gli inglesi hanno addirittura riscoperto il fascino di Wembley, gli spagnoli fanno sponda tra le più belle ed importanti città del paese, i tedeschi possono vantarsi di far disputare la competizione in uno dei più belli e moderni stadi del mondo. Anche i francesi, da alcuni anni, fanno disputare la supercoppa nazionale fuori Francia, ma per mantenere la tradizione nazionalistica hanno scelto come sede le maggiori città degli stati francofoni. A noi questo carattere manca e forse sarà un po’ da stupidi nostalgici risollevare un problema che pochi oggi si pongono. Un favore però fatemelo. Per i prossimi tre anni non chiamatela Supercoppa Italiana, di italiano ha solo le squadre che la giocano, piuttosto mi sembrano più adatti i termini Supercoppa “d’asporto” o Supercoppa “a domicilio”.