Aemilia: gli imputati vorrebbero la stampa fuori dall’aula…

Porte chiuse ai giornalisti nelle udienze del processo Aemilia. Lo chiedono gli imputati, che accusano i media locali di aver messo in atto un “linciaggio mediatico” nei loro confronti, distorcendo le notizie. L’istanza è stata presentata nell’aula “bunker” del Tribunale di Reggio Emilia, in un messaggio letto da Sergio Bolognino a nome degli altri imputati.

Nel testo si afferma che “ogni articolo pubblicato è sempre in chiave accusatoria anche quando esame e contro-esame hanno dato un quadro diverso”, e anche le scolaresche le associazioni che partecipano al processo lo fanno “solo per ascoltare la parte accusatoria e vanno via quando c’è il contro-esame”. Nel mirino anche la pagina di Facebook curata dall’associazione Agende Rosse dove le vicende giudiziarie sarebbero riportate “sempre e comunque in chiave accusatoria”.

Inoltre, lamentano gli imputati, “i pentiti che non dovrebbero conoscere leggono su Facebook quello che viene detto. Il processo penale è una cosa seria”. Proseguono gli imputati: “Abbiamo sempre chiesto celerità’, ma allo stato attuale noi e le nostre famiglie siamo additate ogni giorno come colpevoli. C’è gente innocente totalmente e chi è colpevole, ma non per questo fa parte di una cosca. La presunzione di colpevolezza sulla quale si basano questi media non è prevista dalle leggi dello Stato”. E ancora: “Lungi da noi che questo possa influenzare il vostro giudizio”, ma “non potete tacere rispetto alla distorsione dei fatti rispetto a quello che avviene in dibattimento”.
Per questo, è l’appello degli imputati, “chiediamo di chiudere le porte del processo e che il tribunale acquisisca e verifichi gli articoli del giorno dopo il dibattimento. E che prenda dei provvedimenti”. La “libertà di stampa – concludono gli imputati – significa non distorcere i fatti”. Il pubblico ministero, rimettendosi alla decisione del Tribunale ritiene però che non ci siano “gli estremi legali” per le porte chiuse: “Chiudere le porte alla stampa è un fatto diverso di un processo a porte chiuse”.
Il presidente del collegio giudicante, Francesco Caruso, si è invece riservato di dirimere la questione nell’udienza di giovedi’ prossimo, quando nel palazzo di giustizia farà tra l’altro tappa il “viaggio legale”, promosso da Cgil, Libera, consorzio Cna Fita e associazioni per la legalità. Non è poi la prima volta che gli imputati del processo sollevano obiezioni rispetto al pubblico presente in aula e sul trattamento riservato loro dalla stampa. In una delle prime udienze del processo avevano infatti chiesto che non fossero ammessi tra il pubblico gli studenti delle scolaresche minorenni, mentre nel videomessaggio dell’imputato Alfonso Mendicino su Facebook, veniva più volte citata – in chiave negativa – un’emittente locale reggiana.
(Fonte Agenzia Dire)
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