A lezione di storia con l’arte di Mauro Staccioli

In via di Mezzo è in piena attività la gloriosa Galleria Il Ponte che da pochi anni si è impegnata a mostrare opere plastiche di firme autorevoli, e sovente di dimensioni notevoli. Come le 30 sculture di Mauro Staccioli in mostra fino al 13 aprile, che sono quelle prodotte in un arco di anni emblematici per la storia d’Italia e non solo. “Gli anni di cemento 1968-1982”, recita il titolo e non si riferisce soltanto al materiale eletto da Staccioli in quel periodo, ma anche al suo deciso impegno sociale, mostrato attraverso il suo lavoro. A chi li ha vissuti, l'indicazione degli anni di cemento suona come quella degli anni di piombo. Negli anni presi in considerazione l’artista ha prodotto solidi geometrici in cemento, trafitti da punte acuminate e barre di ferro, muri con ganci e grate, barriere di legno sagomato e chiodi. Nel volume a cura del gallerista Andrea Alibrandi, che raccoglie le immagini delle sculture, appaiono anche due saggi. Qui Simona Santini spiega che: “Dal 1968 Staccioli rivoluziona il suo modo di fare arte rispondendo al bisogno di intervenire nella società (…) Decide di partecipare e denunciare le condizioni di vita dell’uomo, in modo concreto e antiretorico, attraverso il lavoro artistico”. Le opere in questione hanno titoli significativi, quali Muro, Altare, Anticarro, Barriera, oppure non hanno un nome, e nascono per creare situazioni e ambienti, proponendo un vero e proprio spazio che possa coinvolgere il riguardante, anzi, di più, scrive l’artista: “Ambiente-idea che coinvolga, che agisca in modo totale circondando l’individuo, costringendolo a vivere una situazione (…) dal di dentro dell’opera”. Staccioli dunque riproduce nel suo lavoro il sentimento causato dalle tensioni dopo la bomba di Piazza Fontana (1969)  e le sue conseguenze, fino all’assassinio di Moro (1978), dando forma alle immagini di guerriglia urbana che i mezzi di comunicazione di massa ci proponevano. Dal chiuso delle gallerie, che gli poneva limiti espressivi, Staccioli esce all’esterno con la sua arte, ambientandola nello spazio urbano, a cominciare dalla sua Volterra (1972), carica di fascino storico, alla cui puntuta architettura medievale si ispira. Per alcuni anni queste macchine da guerra vengono riproposte in quella che sarà chiamata “arte pubblica” perché pubblicamente si esprime, e viene disegnata appositamente per confrontarsi con i siti delle diverse città, là dove vive la gente. Nei suoi appunti si legge che, attraverso oggetti semplici, poveri, elementari “intendo agire sulle menti, sulle capacità di ognuno di ricondursi ad un rapporto critico col reale”. Diventa importante allora, per le nuove generazioni, rendersi conto di come l’arte racconti la storia nel suo svolgersi, e di come molti dei nostri artisti che credono nella funzione del loro operare, abbiano dato forma al loro pensiero. Anche col cemento, anche col ferro, metafore di una violenza che non dovrebbe più ripetersi.
Galleria Il Ponte. Aperta dal lunedì al venerdì dalle 15,30 alle 19
Via di Mezzo 42b – Firenze 

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